Novembre - Dicembre 2011
13 novembre
Kathmandu ci accoglie con un cielo nebbioso, e non si capisce dove finisca la nebbia e inizi lo smog.
Il primo impatto con la capitale del Nepal è un misto di curiosità e stordimento per il caos che sembra regnare sovrano. La città è una distesa sterminata di case e casupole cresciute come funghi, senza alcun ordine, che disegnano un dedalo di strade anguste e tortuose dove auto, moto, bici, pedoni, si districano con sorprendente disinvoltura - anche se con la mano sempre incollata sul clacson!
Già in aereo, e ora sul pullmino che ci porta in albergo, facciamo conoscenza con i nostri compagni di viaggio: siamo in quattordici, sette da Roma e dintorni, altri sette da Lecco e dintorni. Un bel gruppone, che sarà guidato in questa avventura da Floriano, alpinista di Lecco stregato dal Nepal da ormai trent'anni, tanto da passarvi sei mesi l'anno e avervi persino trovato moglie.
La sera, stanchi del lungo viaggio e storditi dal fuso orario, ceniamo e crolliamo a letto.
14 novembre
Mattinata dedicata a visitare due templi buddhisti, molto interessanti e rutilanti di colori e di vita. Nel primo, Flo ci indica una vecchina seduta: "Se gli date 20 rupie" - sono circa 20 centesimi di euro, per la cronaca - "vi dà la benedizione". Diversi di noi si affidano alle sue mani, sperando nella benevolenza del Buddha per l'avventura che ci attende.
Il resto della giornata viene dedicato agli acquisti nei negozietti del centro, dove si possono trovare abbigliamento e attrezzature da montagna a prezzi molto convenienti.
Iniziamo ad imparare qualche parola di nepalese: prime fra tutte namasté, il saluto che tutti qui si scambiano, giungendo le mani e con un lieve cenno del capo, e danibath (grazie).
Inoltre le due ragazze che sono con noi, Marta e Isabella, vengono prontamente soprannominate le sundari keti (bella ragazza) e così verranno chiamate durante tutto il viaggio (non c'è nulla di più ufficiale dei soprannomi!).
15 novembre
Stamane dovremmo prendere l'aereo per Lukla, punto di inizio del trekking, ma ahimè, giungono notizie che Lukla è avvolta da ieri in una fitta nebbia e gli aerei non possono atterrarvi. Attendiamo tutto il giorno in aeroporto sperando che la situazione si sblocchi, ma nulla da fare. Nel tardo pomeriggio ce ne torniamo mestamente in albergo.
Qualcuno scherza sul fatto che la benedizione della vecchina non è servita a niente. Ancora non sappiamo che invece sta funzionando, eccome.
16 novembre
Torniamo in aereporto sperando che oggi si riesca a volare. Le notizie dicono che il tempo a Lukla è ancora nebbioso e gli aerei sono sempre fermi. Però Norbu, il titolare dell'agenzia nepalese che ha organizzato la logistica del trekking, riesce a procurarci dei posti in elicottero. Si tratta di un mastodontico elicottero russo degli anni '70, già a salirci sopra proviamo una certa inquietudine. Quando poi, dopo un tentativo di avvio del motore, il pilota sale sul tetto con un cacciavite in mano sudiamo tutti freddo.
Alla fine però riusciamo a decollare e, soprattutto, ad atterrare illesi a Lukla dopo un'ora e mezza di volo in mezzo alle nuvole.
La prima breve tappa del trekking ci porta a Phakding (2600 m), sotto una lieve pioggia "inzuppavillano". Come inizio non sembra dei migliori, ma siamo tutti fiduciosi nel proverbiale autunno terso e asciutto delle regioni himalayane. E comunque, è già un miracolo che siamo riusciti ad arrivare fin qui: successivamente verremo infatti a sapere che l'aeroporto di Lukla è rimasto chiuso per altri quattro giorni dopo il nostro arrivo.
Il lodge dove ci fermiamo è molto bello, con addirittura il bagno in camera: quasi un albergo a 5 stelle!
Facciamo conoscenza con i nostri cinque sherpa, che ci assisteranno per tutto il trekking, sempre pazienti, sorridenti e inappuntabili nella loro professionalità.
Abbiamo inoltre otto portatori che giornalmente si caricano del peso dei nostri 15 bagagli.
17 novembre
Oggi ci aspetta una tappa lunga: 1200 metri di dislivello (ma alla fine della giornata scopriremo che sono stati oltre 1500) da Phakding a Khumjung. Per fortuna le quote sono ancora "abbordabili", da 2600 a 3800 metri, e la fatica è relativa.
Poco dopo la partenza entriamo nell'area del Sagarmatha National Park (dove Sagarmatha è il nome nepalese dell'Everest), all'interno del quale cammineremo per tutti i giorni a seguire.
Mentre camminiamo iniziamo a renderci conto di quanto la figura del portatore sia fondamentale da queste parti: su queste mulattiere non circola alcun mezzo a motore e pressoché tutte le merci viaggiano sulle schiene dei portatori (solo una piccola parte a dorso di yak). E capiamo anche perché i portatori preferiscano lavorare con i turisti, piuttosto che con i locali: oltre al fatto di essere pagati meglio, trasportano al massimo due borsoni (quindi non più di 30-40 kg); mentre con le merci locali vengono spesso caricati all'inverosimile (perfino 100 kg), spesso portando carichi scomodi e ingombranti (lastre di compensato, travi di legno...). Ed è incredibile l'agilità con cui questi piccoli uomini si muovono su sentieri spesso scomodi e sassosi, portandosi il peso del mondo sulla schiena.
Durante la salita verso Namche Bazaar, Flo ci invita a fermarci e a guardare attraverso un buco tra i rami degli alberi: una montagna spunta lontana ma imponente: è il Sagarmatha che si mostra a noi per la prima volta.
A Khumjung alloggiamo nel lodge gestito da Doma, la moglie sherpa di Flo, che ci accoglie sorridente e con qualche parola in italiano.
18 novembre
Oggi rimaniamo fermi a Khumjung, per adattarci più gradualmente all'altitudine.
Stamattina il sole finalmente trionfa incondizionato e apre ai nostri occhi avidi di panorami la vista sulle grandi cime innevate. In particolare l'Ama Dablam, con i suoi 6856 metri, colpisce per la sua forma slanciata ed elegante.
Per favorire l'acclimatamento, saliamo sul Khunde Ri, una cima di 4200 m che sovrasta Khumjung e offre un fantastico panorama a 360°.
19 novembre
Oggi camminiamo verso Thame. Altra tappa di acclimatamento, visto che il punto di arrivo è ancora a 3800 m.
A questa quota c'è ancora vegetazione alta (principalmente conifere). In linea di massima si può dire che, a causa della latitudine più bassa, qui è tutto spostato di circa 2000 metri più in alto rispetto alle Alpi: da noi gli alberi finiscono intorno ai 2000 m, qui sui 4000; così come più avanti vedremo che le nevi perenni, che sulle Alpi iniziano tra i 3500 e i 4000 m, qui iniziano tra i 5500 e i 6000.
Arrivati a Thame, ci sediamo fuori del lodge a goderci il tepore del sole. Ma appena il sole scompare dietro le creste, la temperatura crolla verticalmente e dobbiamo rintanarci dentro, intorno alla stufa.
Alcuni baldi giovani del gruppo hanno il coraggio di improvvisare una partita di calcio con gli sherpa: chiaramente gli sherpa vincono, visto che a 3800 m il fiato è quello che è! Ma quello che conta è il divertimento e il clima di simpatia e complicità che si è subito instaurato tra tutti noi e ha ben presto contagiato i nostri amici sherpa.
A cena, come abbiamo fatto i giorni passati, e faremo per tutti quelli a venire, integriamo il cibo locale (minestre, riso o pasta, patate) con i salumi e formaggi che abbiamo portato dall'Italia. In particolare gli amici di Lecco hanno un vero e proprio arsenale di salami, lonze, slinzeghe (specie di bresaola, tipica della Valtellina), che ogni giorno vengono allegramente affettati e trangugiati senza lasciare una briciola!
20 novembre
Finalmente oggi sfondiamo stabilmente il tetto dei 4000. La meta è il villaggio di Lungden, a 4380 m. Lo raggiungiamo in poche ore di cammino e, sempre al fine di favorire l'acclimatamento, nel pomeriggio "passeggiamo" fino ad una cresta intorno ai 4750 m.
La mente è proiettata alla tappa di domani, primo vero banco di prova della resistenza all'altitudine, che ci porterà ai 5360 m del Renjo Pass.
21 novembre
Partenza di buon'ora: il sole ancora non ha fatto capolino dalle creste e l'aria è alquanto freddina, tanto che iniziamo a camminare con il piumino indosso.
Oggi la parola d'ordine è bistari bistari, che in nepalese significa "piano piano". Dobbiamo infatti salire per oltre 1000 m di dislivello e, vista la quota, le energie vanno sapientemente dosate.
Tutto sommato però il ritmo che teniamo non è male: ieri Flo aveva stimato 5-6 ore di salita, mentre in 4 ore e mezza siamo tutti in cima al Renjo Pass.
Qui la vista che si apre ai nostri occhi è davvero di quelle che tolgono il fiato (già corto di suo, peraltro...). Un'ampia valle si stende sotto di noi, con il bel Lago di Gokyo in fondo, e intorno alcune delle cime più alte del mondo brillano imponenti al sole: l'Everest, il Lhotse, il Nuptse, il Pumo Ri e molte altre; un quadro che riempie gli occhi e il cuore di un'emozione indicibile.
A parte qualche leggero mal di testa, stiamo tutti bene.
22 novembre
La tappa di oggi è di riposo: tre ore scarse di cammino dai 4800 m di Gokyo ai 4700 di Dragnag, che percorreremo nel pomeriggio. La mattina invece, chi ne ha voglia sale sul Gokyo Ri, cima di 5360 m che sovrasta il villaggio. Dalla vetta c'è una spendida vista sul Cho Oyu verso nord, mentre sotto di noi corre l'imponente lingua del ghiacciaio Ngozumba. Lo attraversiamo nel pomeriggio, per arrivare a Dragnag: è curioso, non sembra di camminare su un ghiacciaio, ricoperto com'è da terra e sassi; a tratti però si passa accanto a laghi ghiacciati e imponenti pareti di ghiaccio, che fanno capire come, in realtà, stiamo camminando su qualcosa di vivo e pulsante...
23 novembre
Un altro passo ci attende oggi: è la volta del Cho La Pass, 5370 m. L'acclimatamento sembra procedere bene, e la salita è notevolmente meno faticosa rispetto al Renjo Pass di due giorni fa.
Da qui la vista è meno ampia che dal Renjo, ma comunque splendida. E poi qui c'è il diversivo di dover attraversare, subito al di là del passo, un piccolo ghiacciaio (ma molto semplice, non servono nemmeno i ramponi).
La discesa è breve e ci porta a Dzonglha, 4800 m. Ormai a queste altitudini i villaggi sono molto piccoli e, in realtà, costituiti soltanto da lodge per i turisti; al di fuori delle stagioni turistiche sono del tutto disabitati.
24 novembre
Altra tappa leggera, dai 4800 di Dzonglha ai 4930 di Lobuche. Ora siamo proprio nella valle dell'Everest, a fianco della lingua del Ghiacciaio Khumbu. Nel pomeriggio andiamo a visitare la famosa "piramide" del CNR, che si trova a pochi minuti di cammino da Lobuche.
Per me è un'emozione: ricordo quando, vent'anni fa, sentii parlare della sua inaugurazione e pensai che io lassù non ci sarei mai andato. Mai dire mai...
Facciamo conoscenza con il responsabile, italiano, delle attività della piramide, che è qui fin dalla sua costruzione. Ci offre un tè caldo e ci intrattiene con molte interessanti spiegazioni. L'impressione è che non gli sembri vero di avere qualcuno con cui parlare per un po' nella sua lingua!
Questa sera fa veramente freddo: per la prima volta non ho il coraggio di togliermi il pile e mi infilo nel sacco a pelo praticamente vestito. La mattina troveremo la bottiglia d'acqua che abbiamo sul davanzale trasformata in un blocco di ghiaccio!
25 novembre
Oggi raggiungiamo il punto più alto del trekking: il Kala Patthar, 5550 m (ma secondo le ultime misurazioni sembra siano oltre 5600). Da Lobuche sono circa quattro ore di cammino; gli ultimi 200 metri sono abbastanza faticosi, ma ne vale la pena. Da qui abbiamo l'Everest e il Lhotse proprio di fronte, sembra quasi di toccarli, mentre il Pumo Ri torreggia sopra di noi.
Arrivati in vetta, Flo ha una sorpresa in serbo per la sundari keti Isa, che si è laureata poco prima di partire: dallo zaino estrae una bottiglia di champagne, che viene sonoramente stappata e si brinda tutti insieme. Non capita tutti i giorni di stappare una bottiglia di vino a 5600 m!
26 novembre
Oggi ci aspetta il superamento del terzo e ultimo passo: il Kongma La Pass, 5530 m.
L'acclimatamento ormai c'è, ma anche la stanchezza comincia a farsi sentire e la salita è abbastanza faticosa, soprattutto verso la fine, dove il terreno è tutto ghiaioni e pietraie: percorsi del genere sono già impegnativi alle nostre quote, figuriamoci quassù!
Anche la discesa è interminabile e arriviamo a Chhukhung (4700 m) molto stanchi.
C'è da decidere chi se la sente di tentare la salita sull'Island Peak. La decisione non è facile: la voglia di salire è tanta, ma i "numeri" della vetta non sono da sottovalutare: oltre 1000 m di dislivello dal campo base ai 6189 m della cima, metà su morena e metà su ghiacciaio, con un canalino molto ripido da superare per giungere in cresta (sia pure attrezzato con corda fissa); stimate 13-14 ore di cammino tra salita e discesa.
Io ed altri, un po' a malincuore, rinunciamo a salire: troppo stanchi per una smazzata del genere.
Alla fine sulla vetta arriveranno in 6 (7 con Flo).
27 novembre
Mentre i "temerari" dell'Island Peak salgono verso il campo base, io e Sergio, il "decano" dei lecchesi, saliamo sul Chhukhung Ri, una cima panoramica di 5500 m sopra il villaggio. Da qui abbiamo l'Island Peak proprio di fronte e una splendida vista sull'Ama Dablam e i ghiacciai del Lhotse e del Nuptse.
Riscesi a Chhukhung, ci mettiamo in cammino con gli altri verso Dingboche (4410 m), dove i "vettaroli" ci raggiungeranno domani, dopo l'impresa.
28 novembre
Giornata di tutto riposo: a parte una breve passeggiata mattutina sopra il villaggio, ce ne restiamo buoni buoni a riposare le stanche membra.
Verso le 16 gli "eroi" dell'Island Peak ci raggiungono, stanchi morti ma soddisfatti per la vetta raggiunta.
Da adesso in poi, tutta discesa! (si fa per dire).
29 novembre
Anche oggi tappa breve, per permettere a chi è andato in vetta di riprendersi: da Dingboche a Pangboche (4000 m).
Cominciano a ricomparire gli alberi e i villaggi tornano ad essere abitati per davvero.
Il lodge dove ci fermiamo è molto bello: gestito da una signora dal portamento elegante, la sala è linda come uno specchio e la stufa è di gran lunga la più efficiente che abbiamo incontrato finora: si può praticamente stare in maniche corte.
30 novembre
Da Pangboche (4000 m) a Khumjung (3780 m): apparentemente una tappa in discesa; in realtà bisogna prima scendere a 3250 m per poi risalire ai 3780 di Khumjung. Ma si sa: la montagna è così!
Prima della lunga discesa visitiamo il bellissimo monastero di Tengboche, il più grande di tutta la regione.
E finalmente siamo di nuovo a Khumjung, abbiamo completato l'anello.
Alloggiamo di nuovo da Doma e qui una task-force romano-lecchese si impossessa della cucina per preparare dei favolosi spaghetti alla carbonara!
1 dicembre
Ultima tappa di ritorno a Lukla: molto lunga, 9 ore complessive (comprese le soste), 1700 m di discesa e 800 di salita. Arriviamo a Lukla alle 17 passate, quando è quasi buio. Stanchi ma felici. E' andato tutto benissimo, tempo sempre splendido, tanto sole, niente vento... Come detto all'inizio, la benedizione della vecchina ha funzionato eccome!
2 dicembre
Alle 7 di mattina siamo già pronti per imbarcarci sull'aereo che ci riporterà a Kathmandu.
E' il momento dei saluti, ci scambiamo abbracci calorosi con i nostri sherpa, salutiamo e ringraziamo uno per uno i portatori che ci hanno seguito pazientemente per tutti questi giorni.
Un ultimo saluto a Lukla, al Khumbu, alle cime innevate, ai sentieri polverosi, agli yak, ai grandiosi panorami che abbiamo divorato con gli occhi, a tutto quello che abbiamo visto e vissuto in questi sedici giorni indimenticabili.
Arrivati a Kathmandu, inizia la fase finale: lo shopping selvaggio! Tutti in giro a comprare regali, souvenirs, guanti, piumini, giacche a vento e chi più ne ha più ne metta!
La sera andiamo a cena in un ottimo ristorante, dal nome assai simpatico: Yak & Yeti. Offriamo la cena a Flo ed anche a Norbu e sua moglie: perché d'accordo la benedizione della vecchina, ma se non era per Norbu che ci ha permesso di salire a Lukla in elicottero, avremmo raccontato tutta un'altra storia!
3 dicembre
Giornata dedicata a visitare alcune zone monumentali di Kathmandu: il tempio hindu di Pashupatinath, l'antica città di Patan, la bellissima Durbar Square. Basta allontanarsi un po' dai quartieri turistici per vedere la città "vera", avventurarsi nel dedalo di stradine brulicanti di vita e di colori... Il tempo è poco, ma vale la pena.
Nel pomeriggio, ultime ore per lo shopping e infine l'"ultima cena".
E domani si torna a casa... a sognare la prossima avventura!
Danibath, Sagarmatha!
Andrea
Le foto -> http://xoomer.virgilio.it/er.gaspa/nepal/
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