Oggi la rotta la decide Elisabetta, una uscita vicino costa per dare uno sguardo alle meravigliose isole pontine e il Circeo. Un buon equipaggio, siamo in cinque il giusto numero perché le cose funzionino. Arriviamo con le auto in prossimità della “Rada di Segni” circondata da scogliere ricche di vegetazione di alto fusto, che la colorano di un particolare colore verde. Sembra quasi di stare in montagna, un laghetto alpino. Si parte con una dolce brezza e grazie alle strumentazioni e mappe ci orientiamo bene soprattutto grazie alla conduzione di Fausto, vedetta non casualmente scelta. Il vento è quello giusto per stare bene, non taglia la pelle ma ci spinge piacevolmente allontanando nubi minacciose. Procediamo un po' giocando e zigzagando portati dall’istinto e dalla Rosa dei venti fino ad arrivare alla nostra meta. La costa è lì a poche centinaia di metri. Ma anche le montagne alleate dei nostri liberi spazi, si individuano bene; all’orizzonte il profilo dei Lepini, chiaramente, ma anche gli altri gruppi montuosi che chiudono la pianura pontina con i paesetti arroccati sui poggi.
Prendiamo per il ritorno decidendo di allungare un po' e puntiamo dritti verso il punto dove, una volta fermi, dovremo virare. Ma la fame ci porta ad attingere alla cambusa. Rilassamento, sdraiati al sole ci lasciamo cullare dalle increspature che sembrano quasi un tappeto di pietre carsiche. Si riparte un po' storditi dal torpore e dal cibo, cominciando una navigazione a vista. Senza rendercene conto ci spiaggiamo, la sabbia è particolarissima formata da sottilissime conchiglie di un bel colore marrone ma dalle infinite sfumature, scendiamo ed iniziamo a camminare calzando i nostri piedi nudi con scarpe robuste perché nella sabbia ci sono rametti e sassolini.
Dopo qualche decina di metri cominciamo a vedere delle sagome e avvicinandoci facciamo la scoperta di alcune balene ormai senza vita. Però il loro corpi sdraiati sembrano addormentati e non ci danno un senso di tristezza, ci avviciniamo per studiarle ed ammirarle nella loro imponenza.
Una in particolare è impressionante, direi il “Moby Dick del Monte Lupone”. E’ meravigliosa seppur distesa e ci chiediamo: “Chissà quante tonnellate pesa, che circonferenza e quanti anni avrà”. Ne abbiamo viste di balene in tanti anni di vagabondaggi ma una così mai!
Torniamo lasciando alle spalle la spiaggia, ma le sorprese non sono finite perché ora le amiche balene, invece, cominciano ad affiorare intorno a noi saltando dal pelo dell’acqua impennandosi per decine di metri ritte, gigantesche. Sembra di essere in una meravigliosa faggeta con i suoi secolari esemplari. Ci guardiamo estasiati, increduli di fronte ad uno spettacolo unico e inaspettato. A volte si avvicinano al punto che possiamo accarezzarle, toccarle. Addirittura Claudia posa l’orecchio per alcuni istanti sulla loro pelle per ascoltarne il respiro.
Rieccoci nella rada ma ubriachi di gioia ci buttiamo in acqua e Rita ci scatta una bella e storica foto mentre torniamo a forza di bracciate verso riva, dove soddisfatti finalmente approdiamo.
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