Il primo giorno di primavera 4 sci-alpinisti sono alle prese nell'ordine con: spingere la Cubo per uscire dal fango, passare agilmente a piedi la frana che ha interrotto la strada dalla diga della Provvidenza, procedere sci in spalla fino alla Masseria Cappelli, superarla, addentrarsi nel bosco alle sue spalle e finalmente... prendere il canale a destra che li porterà in cresta quasi al Morrone e di qui allo Ienca.
E' impossibile fare una scialpinistica da queste parti prima di marzo almeno, a causa del notevole rischio valanghe che vengon giù dalle cime tutto intorno: Corvo, Pizzo di Camarda, Ienca. Poco dopo il bosco, infatti, intravvediamo la neve a pallocconi ammassata da recenti valanghe. All'imbocco del canale, stretto e ostruito dalla neve, il gusto e un po' di sana inquietudine si mescolano insieme: ci stiamo inoltrando in un imbuto orlato ancora da cornici non trascurabili. La salita si fa ben presto più ripida e man mano che procediamo la neve diventa spappata. Il pendio e il poco spazio ci obbligano a regolari girate alpine, che cerchiamo di fare il più rapidamente possibile: lancio dello sci a monte, recupero dello sci a valle e via di nuovo verso la successiva svolta! L'orecchio è teso a cogliere possibili rumori, gli occhi ora a monte per controllare che Giorgio non tiri giù qualcosa, ora a valle per seguire la salita di Luigi e Marta che seguono. Se venisse giù qualcosa la neve stessa rallenterebbe la caduta, ma meglio non trovarsi proprio in traiettoria di caduta. Ci portiamo a una decina di metri sotto la cornice, dove togliamo gli sci e proseguiamo a piedi; ancora pochi passi e superiamo la cornice nel punto di minor spessore per montare in cresta. Che magnifica salita! Un po' di adrenalina scalda le vene dopo tante MS lontane dai pericoli e su pendii blandi. Vista di lato, poi, la spessa cornice è meno aggettante di quanto non appaia da sotto. L'anfiteatro alle spalle ha qualcosa di magnetico: il Corvo mostra tutta la sua possenza rocciosa, Val Chiarino e Pizzo di Camarda sono pieni di neve e tra le nuvole alte la fuga prospettica culmina nell'immobilità del Gran Sasso.
Il punto dove siamo sbucati è anche il migliore per scendere. Facciamo perciò la vicina vetta dello Ienca e subito dopo siamo di nuovo qui, stavolta dall'alto dell'imbuto. Per gli sciatori provetti la discesa è l'apoteosi della giornata, il trofeo di tutta la fatica della salita, per altri è la vera fatica della giornata, la cui ricompensa è il portare a casa gioiosa soddisfazione e ulteriori avanzamenti.
Quattro gradini scalettati e il pendio comincia a scorrere sotto le lamine, ripido ma non difficile con neve pappa. Ci teniamo sul costone alla sx orografica perchè la parte centrale del canale è occupata dalle valanghe e perciò le curve sono obbligatoriamente strette e in contropendenza; ma si fanno e anche bene! Scendere con le proprie forze, con la propria capacità e forza di volontà nell'imparare questo ineguagliabile sport che è lo scialpinismo, regala una felicità che non si può celare, che sprizza da ogni poro delle gambe stanche e che ti stampa in faccia un sorriso contagioso. Ci vuole il tempo e tanta caparbia, ma è quasi una sfida con se stessi e ad un certo punto, quando si comincia a prenderci gusto, non ci si può più tirare indietro! ;)
Grazie a Giorgio e a tutti gli amici con i quali condivido fatica e godimento sugli sci!
Sara
21 marzo 2010 |