"Io da li non ci scendo, non mi sento pronta. Guarda che pendio, non è ancora roba per me."
Pochi minuti dopo ci sono dentro con tutti gli scarponi!
Il bellissimo canale scende ripido dalla selletta. Per chi è alla sua prima volta è inquietante, ma invitante nello stesso tempo. E' bellissimo: bianco, ripido, abbastanza difficile nei primi metri prima che si allarghi un po' e consenta curve di maggior respiro. Da lontano mi era sembrato una pazzia, ma bisogna valutarne la reale ripidità dall'imbocco. Il Canale Maiori, alla mia seconda stagione di scialpinismo, ecco dove sono. Franco, se fossi qui a sciare con noi saresti orgoglioso quanto me, lo so.
Negli ani '80 il Maiori era una leggenda dello sciappenninismo, venivano da fuori per farlo e c'è scappato anche il morto in occasioni di serio pericolo. E' il fiore all'occhiello dell'altra faccia del Sirente, quella che dà a nord - nord est, impervia e maestosa, antitesi del versante sud-sud ovest che invece è tutto colline e panettoni.
Una colonna di appiedati sta salendo più o meno a tre quarti del canale, prima dell'appettata finale. Si fermano a guardare Giorgio e me che in questo momento siamo gli unici sciatori a scendere; mi fermo anch'io, mi imbarazza un po' essere osservata mentre faccio uso di tutto quello che so per scendere, incluse le girate alpine a valle. Ma che mi importa, io sto imparando, errare è lecito e se non mi butto non imparo! Le condizioni della neve sono eccezionali, è una goduria vedere scorrere il pendio sotto le lamine e acquisire sicurezza man mano che si scende. Meno male che non mi sono fatta fregare e sono scesa!
Mi guardo indietro e dal basso questo gigante della montagna, prolungato da una grossa valanga sciabile, sembra ancora più maestoso. Io sono scesa da li, capito? E non lo dico per fare la sborona, ma per fermare un'emozione grande, consapevole che per chi fa ben altro è una bazzecola, ma che si comincia dalle cose piccole per fare quelle grandi.
La montagna non è tutto nella mia vita, ma negli ultimi due anni occupa una grossa fetta di energie. Diciamo che è una specie di vita parallela, quella in cui tutto il resto viene messo in stand-by: le guerre, la fame nel mondo, la mafia, la politica senza etica, l'immondizia in Campania, insomma... il resto e gli altri extra-montagna. Il contrasto è troppo forte, le questioni di coscienza troppo pressanti per poterle risolvere se non separando le due realtà in 2 comparti stagni. Qualcuno forse lo chiama sano egoismo, ma comunque lo si appelli è un modo di vivere una parte di sè in libertà, fuori dalle costrizioni del quotidiano...
Sara,
sabato 10 aprile 2010
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