Uno strano animale a otto zampe si inerpicava lungo le pendici dell’Etna: quattro gambe e quattro bastoncini che, con perfetta sintonia, salivano con ritmo costante e inarrestabile. Passo dopo passo, traccia nella traccia. In discesa, invece, la chimerica creatura si distendeva e raccorciava come un bruchetto: la parte davanti scendeva con curve eleganti e veloci, poi si arrestava e si faceva raggiungere da quella posteriore, più lenta e impacciata. E subito ripartiva, in un moto in fondo regolare come lo era stata la salita.
Ogni tanto, accanto al Cimarditi (questo è il nome della singolare creatura), si creava un secondo essere chimerico simile al primo, il Trafastorri; i due bruchi a otto zampe erano poi affiancati o seguiti da esseri umani in ordine sparso, che però tendevano anch’essi a disporsi spesso in coppie: Patrizia e Ornellik, Marrrta e Massimo e infine Bruno, il battitore libero.
«Non ti dispiace, Gaspare, se ogni tanto cambio maestro, vero?» chiedeva rispettoso il Traforato al Comandante in capo, prima di staccarsi da lui per seguire l’Astorri.
Cristina, invece, seguiva il suo maestro con costante perseveranza. «Ma che ti sei attaccata con i canini alle caviglie di Gaspare?» la provocava Bruno. Lui non sapeva che la domenica precedente, sulle Mainarde, quando si era posizionata nel gruppo di testa, ben distante dagli altri che seguivano, la poveretta era stata aspramente rimproverata dal maestro che l’aveva raggiunta: «Non devi andare appresso a Giorgio: devi stare dietro a me!». E così, buona buona, zitta zitta (beh, quasi...), ecco Cristina diventata l’ombra fedele di Gaspare: tanti passi lui, tanti passi lei, a ritmo perfetto.
Lo strano gruppo a nove teste ha abbracciato il grande vulcano quasi da ogni lato: il primo giorno è arrivato in vetta dal versante sud (sottovento, con micidiali folate sulfuree che toglievano il respiro; l’ultimo pezzo con piccozza e ramponi); il secondo giorno dal versante nord (giunti non proprio tutti in vetta, dopo circa 1300 m di dsl: magnifica giornata con cielo terso e vento alle spalle); il terzo giorno il gruppo si è incuneato per un bel po’ nell’unico vallone dove miracolosamente splendeva il sole e non c’era troppo vento, mentre tutt’intorno nevicava (ma il pendio era comunque una lastra di ghiaccio; “ghiaccio riccio”, perché modellato dal vento a scagliette taglienti); il quarto giorno, infine, è giunto alla bocca di un cratere secondario, dal cui ventre colmo di neve uscivano dense colonne di fumo. I due maestri (Gas e Paolo), seguiti da un fiducioso Trafallievo, avrebbero voluto entrare nel cratere e sciarvi dentro fin dove possibile; poi, per fortuna subito subito, si sono resi conto che la situazione era troppo pericolosa: si intravedevano profonde spaccature nella neve, ed era possibile che in un punto qualsiasi, sotto il peso degli sciatori, lo strato di neve sprofondasse in bocche fumanti senza fondo. Come avremmo fatto senza di loro? Ci sarebbe toccato dividerci la spesa del pulmino e dell’appartamento solo in sei...
Il resto? Arancini, arancini, arancini: al pistacchio, al ragù, alle melanzane, al burro. E panzerotti alla crema, al cioccolato, alla ricotta, cannoli, tortine di crema e mele: chevelodicoaffa’... Ci siamo impegnati bene: tante calorie spese, ma ben di più ingurgitate...
Un complimento di cuore va al bravissimo autistAstorri, impeccabile e professionale al volante del grosso Ducato che guidava come se fosse una cinquecento in manovre precise al millimetro, anche se aveva sulle spalle la stanchezza della gita.
Ultima emozione da annoverare: abbiamo visto il Castagno dei Cento Cavalli, un albero dell’età stimata di tremila-quattromila anni, gigantesco ma ancora vitalissimo (ho raccolto da terra un paio di sue castagne! Alla faccia del vecchietto!). Era lì, imponente, con i suoi numerosi fusti a semicerchio, come allargati in un abbraccio protettivo e buono.
Per chiudere: grazie, Gaspare, per la tua pazienza e i tuoi insegnamenti, e a tutti gli altri per avermi voluto con voi, anche se principiante, in questa splendida piccola vacanza. |