Il battesimo del fuoco, anzi del ghiaccio

Gran Paradiso, 20-23 luglio 2013

Stavolta non mi dilungo su tutta la fase di preparazione e di "avvicinamento"... l'arrivo in Valsavarenche in una splendida giornata... il delizioso rifugio Tetras-Lyre, a Pont, che per 58 € ti dà un trattamento da albergo, con tanto di mezza pensione bevande incluse... la piacevole camminata di primo acclimatamento ai 2830 m del Grand Collet e la discesa per la bucolica piana del Nivolet... la salita al rifugio Chabod e il progressivo aprirsi del panorama sul Gran Paradiso e sull'imponente ghiacciaio di Laveciau, che sarà la nostra via di salita...
Non mi dilungo perché, questa volta, sul giorno della vetta c'è parecchio da raccontare.

Sono le 3.30 del 22 luglio quando suona la sveglia del cellulare.
Non abbiamo dormito gran che; un po' certo per l'agitazione, un po' perché, nonostante l'altitudine (2750 m), fa piuttosto caldo.
Più o meno insieme a noi si alza tutto il resto del rifugio: è ancora notte ma nella sala colazione sembra giorno fatto!
Alle 4.45 ci mettiamo in cammino, prima per un comodo sentiero, poi risalendo una ripida morena che, tra pietraie e nevai residui ci porta alla base del ghiacciaio (3100 m circa).
Ci sentiamo entrambi bene, anche se il Perrins smadonna un po' per la fatica dell'avvicinamento e per il tè della colazione che gli torna su!
Effettuiamo tutte le operazioni di legatura in cordata, calziamo i ramponi e alle 6.00 attacchiamo la salita sul ghiacciaio.
Come previsto la traccia di salita è evidentissima, date le decine di cordate che la percorrono giornalmente.
Il cielo è azzurro, terso, senza una nuvola. L'ambiente glaciale è davvero grandioso; nonostante l'altitudine inferiore rispetto ai ghiacciai che abbiamo salito negli anni scorsi, l'effetto è di maggiore imponenza: l'enorme lingua di ghiaccio è tormentata da molti grossi crepacci, mentre la ripida parete Nord del Gran Paradiso incombe alla nostra sinistra.
La traccia è disegnata in modo da tenersi lontani dalle zone più crepacciate: tuttavia un paio di crepacci di una certa larghezza (circa un metro e mezzo) bisogna superarli. Il primo è ancora totalmente chiuso, nel punto in cui lo si passa, e non suscita particolare timore; nel secondo invece il ponte di neve sembra più precario. Però la neve è ancora bella dura e solida e garantisce un passaggio sicuro, ovviamente rapido.
Passato questo punto, di crepacci non ce ne sono più: raggiungiamo in breve la Schiena d'Asino, dove ci congiungiamo con la via che sale dal rif. Vittorio Emanuele. Una piccola pausa per tirare il fiato, mangiare una barretta e godersi il panorama sulla Becca di Moncorvè, quindi ci rimettiamo in cammino per l'ultimo tratto di salita.
Poco prima delle 10 passiamo la crepaccia terminale (ancora ermeticamente chiusa e pressoché invisibile) e giungiamo alla base della crestina finale. Qui ci affacciamo sul meraviglioso ghiacciaio della Tribolazione, che si stende di fronte a noi come un enorme lenzuolo bianco.
Ora resta da affrontare l'ultimo tratto di misto e roccette per arrivare alla Madonnina in vetta. Qui il problema è dato più che altro dall'affollamento che, visto il poco spazio a disposizione, costringe a procedere a "senso unico alternato". Per fortuna non c'è moltissima gente (non a caso abbiamo pianificato la vacanza in modo da salire in vetta di lunedì e non di sabato o domenica!) e i tempi di attesa sono ragionevoli.
La crestina rocciosa finale è molto divertente: facile ma esposta su entrambi i lati e con i 6-8 metri finali vertiginosi, a precipizio sul versante della Tribolazione; sono però molto ben attrezzati, con tre spit a cui assicurarsi con la corda di cordata e finanche uno spezzone di corda fissa per maggiore sicurezza. In poche parole, alle 10.40 calchiamo i 4061 metri della vetta.
Il tempo per un po' di foto e per scambiare qualche battuta con un gruppo di ragazzi francesi in vetta insieme a noi; quindi torniamo sui nostri passi e iniziamo la discesa verso le 11.30.
C'è ancora il sole, ma grossi nuvoloni cominciano ad addensarsi intorno alle cime circostanti. Del resto, l'evoluzione è in linea con le previsioni meteo, che indicano la possibilità di deboli piogge a partire dalle 14.
La discesa è ovviamente molto più rapida della salita: in breve abbandoniamo la Schiena d'Asino e rientriamo nel ghiacciaio di Laveciau.
Giungiamo al crepaccio semi-aperto, "l'ultima difficoltà tecnica della giornata", commentiamo col Perrins. Lui passa per primo mentre io tengo la corda ben tesa per contrastare all'istante un'eventuale caduta. Il passaggio avviene senza problemi, ma io noto che, nel passo rapido che il Perrins ha fatto sul ponte di neve, è affondato un po' troppo. Decido quindi di passare in un punto diverso... ma compio l'imperdonabile errore di non sondare la consistenza della neve con la piccozza prima di fare il passo: non appena poggio il peso, il ponte cede.
Per fortuna non cede di schianto: finisco dentro con una gamba, ma appena mi muovo per cercare di venire fuori cede anche il resto e finisco tutto dentro.
La relativa lentezza della caduta ha però dato modo al Perrins di prepararsi alla trattenuta e di infilare la piccozza nel cordino fissato a prusik sulla corda, piantandola poi nella neve per bloccare la caduta.
Grazie al cielo, malgrado lo sgomento iniziale, riusciamo entrambi a mantenere la lucidità e il sangue freddo. Io, da parte mia, informo il Perrins che sto bene e mi guardo intorno per valutare la situazione: a un paio di metri dal bordo del crepaccio c'è una specie di piccola cengetta sulla quale riesco ad appoggiarmi, sia pure in modo precario, per evitare di andare più in fondo. Inoltre vedo che il crepaccio è poco profondo, non più di 5-6 metri. Mi rincuoro quindi un pochino: il crepaccio è piccolo, io sono appoggiato, la corda è bloccata: peggio di così non può succedermi; ora si tratta soltanto - si fa per dire - di venirne fuori.
Col Perrins ci coordiniamo a distanza, parlandoci senza vederci, e predisponiamo la manovra di autosoccorso che abbiamo studiato e tante volte provato... nel corridoio di casa.
Lui svolge la matassa di corda che ha sulle spalle, con cui praticare il paranco semplice che mi aiuterà a tornare su. Infila un moschettone nella corda e me lo lancia. Io lo afferro e me lo attacco all'anello dell'imbrago.
Quindi gli dico di iniziare a tirare, mentre io, aiutandomi con la piccozza, risalgo i due metri scarsi che mi separano dalla superficie e in pochi attimi sono fuori.
Respiro a pieni polmoni, con l'adrenalina a mille. Il tutto è durato poco più di cinque minuti.
Ci abbracciamo, ancora un po' scossi ma felici. Certamente siamo stati fortunati: il crepaccio poteva essere più grande, poteva non esserci la cengetta, la caduta poteva essere più repentina e non lasciare al compagno il tempo necessario per reagire... insomma poteva andare molto, molto peggio. Ciononostante, il fatto di esserne usciti con le sole nostre forze (in quel momento, tra l'altro, non c'era nessun'altra cordata nelle vicinanze), ci dà un po' di soddisfazione. Mai come in questo momento siamo contenti di aver provato tante volte le operazioni di soccorso, in modo che ciascun componente della cordata fosse in grado di operare in aiuto dell'altro.
Diciamo che è stata un'esercitazione imprevista... o, da un altro punto di vista, che la montagna ha voluto lanciarci un monito. Certamente è un'esperienza che ricorderemo a lungo... e certamente da oggi in poi nessuno di noi due si avventurerà a passare su un ponte di neve senza sondarne la solidità!
Riprendiamo a scendere e alle 14.30 siamo al rifugio, dove ci concediamo un bel piatto di polenta. Sarà la fame da lupi... sarà l'indescrivibile sensazione di essere tornati vivi, interi e felici... ma ci sembra la più buona che abbiamo mai mangiato...
La sera, dopo cena, ci concediamo una parentesi alcolica con una grolla, che suggella l’affiatamento della cordata e, lentamente, fa scendere il sipario del sonno su questa intensa e memorabile giornata, che non dimenticheremo facilmente.

La premiata ditta Gaspa&Perrins


P.S.: le foto dell'impresa -> https://picasaweb.google.com/francesco.perrini/GranParadiso2013?authkey=Gv1sRgCPOWov2NmdKLzwE


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